Venezia

 
                                                                                                                         
 
Nel 1947 Parise termina gli studi superiori e nel 1949 lascia la famiglia e affitta una stanza a Venezia in riva del Carbon.
Iscritto all'Università di Padova, dove frequenta corsi di lettere, medicina e matematica, non arriverà mai ad una laurea. 
Inizia in questo periodo l’apprendistato da giornalista, con alcune brevi collaborazioni all'Alto Adige di Bolzano e all'Arena di Verona, un tirocinio che lo introduce ad un'attività mai più interrotta e che lo vedrà per trent'anni collaboratore ed inviato speciale del  Corriere della Sera.

Ormai si dedica esclusivamente alla scrittura, una vocazione già forte e operante nel Parise adolescente a Vicenza:

Sono in casa di un amico, tra due miei compagni di allora. Ho un ricordo preciso di quel giorno lontano. Si era scatenato su Vicenza un temporale fortissimo. C'era nell'aria una luce verde, livida: una luce strana che creava intorno a noi un'atmosfera da incubo. 
Io avevo sedici anni e stavo scrivendo il mio primo racconto, che non ho mai pubblicato. Si intitolava "Una piccola famiglia". Adesso è scomparso insieme a tante vecchie cose inutili della mia vita passata.1

Invece questo primo racconto era stato pubblicato da "Il Caffè" nel maggio 1958, ma la distanza nel tempo ha leggermente annebbiato il ricordo, come accade per I movimenti remoti, una specie di suggestiva opera prima, un racconto visionario in versi e in prosa recuperato solo di recente e ambientato in un cimitero,

Nel 1972 Parise ne parlava così in un'intervista:

Il mio primo racconto si intitolava "I movimenti remoti" e descriveva l'allucinante storia di un uomo chiuso vivo nella tomba, che sentiva evaporare la sua coscienza parallelamente al disfacimento del corpo. 
Credo che sia la cosa migliore che ho scritto. Ma purtroppo non l'ho più ritrovato.2

Nel testo la voce nella tomba è, in realtà, quella di un giovane uomo morto a ventisette anni, forse in un incidente d'auto (dunque non un sepolto vivo). 
Più che un racconto, è un dialogo-monologo fra l'uomo sepolto ed un misterioso viaggiatore che si aggira per il cimitero  aspettando  l'arrivo del giorno.

Scrivere storie: questa è dunque la strada che Parise ha scelto. 
La vita di provincia, teatro della sua infanzia, gli fornisce la materia prima narrativa, destinata a confluire di lì a poco nei grandi romanzi veneti.
 
Audio Parte 1 
 

 
 
      
 

 

A Venezia, nel '51, esce il suo primo romanzo, Il ragazzo morto e le comete, un libro, nota Zanzotto, fatto di:

"...poveri ragazzi abbandonati, accanitamente alla ricerca di una forma di sopravvivenza, in questo o in altri mondi, tra guerra e primo dopoguerra, in condizioni disumane, ma pur capaci di trovare in ogni momento della loro quotidianità, della loro fantasia, un "perché" nuovo".3

Il libro fu pubblicato da Neri Pozza, che ricorda così quel giovane Parise appena ventenne:

"Un pomeriggio venne da me e tolse di tasca un foglio spiegazzato: era l'attacco del suo primo libro, "Il ragazzo morto e le comete", e credo fosse sicuro di aver afferrato il filo che lo avrebbe portato a scrivere il libro. 
Diceva di non sapere come avrebbe svolto la sua storia, però sapeva che esisteva "il teatro di gesta", bastava che i suoi personaggi deformi e scalcagnati cominciassero a muoversi e le sue ragazze a parlare. 
Se ne andò qualche settimana a Venezia a vivere in una stanza-granaio. Cinque mesi dopo aveva finito di scrivere il libro. Venne a trovarmi e volle che lo leggessimo insieme; restò due giornate disteso nel letto vicino al mio, nella mia camera, a leggere e a spiegare. 
Dopo di che consegnai il libro al tipografo. Il lettore d'oggi deve cercare di figurarsi quel che successe a Vicenza, quando il libro andò in vetrina e cominciò a correre fra le mani del pubblico. Non ci fu un lettore, al di sopra della giovinezza, che dicesse una parola di consenso. 
Parise era, per i suoi venticinque lettori, "matto da legare". 
Di fatto, il libro non ebbe premi e, nemmeno recensioni che lo incoraggiassero. Ma Parise andava per la sua strada. Gli premevano le idee, le fantasie".4

Nell'Avvertenza al libro Neri Pozza scrive:

"Nella nostra professione la scoperta di uno scrittore nuovo è il premio di un'attenta amministrazione, il risultato di letture di centinaia di manoscritti. 
Ma quando lo scrittore che si presenta è addirittura un giovane, non soltanto la professione perde peso e acquista di colpo una fisionomia affascinante, ma solleva di colpo le più vive speranze.
Così è per questo romanzo, l'autore del quale ha compiuto da poco vent'anni e che è stato scritto a Venezia,tra l'inverno e l'estate del 1950.
La storia del libro è tutta qui; la biografia dello scrittore è in sintesi nel rovescio di questa schedina. E dovrebbe bastare per chi ama leggere, e per non lasciare all'oscuro chi scrive di lettere contemporanee.
Senonché conviene all'editore aggiungere ancora qualche notizia.

Dopo la prima lettura dell'opera egli ha insistito presso l'autore perché tornasse pazientemente sul testo a togliere storture ed errori. L'autore ha rifiutato di farlo con l'ostinazione spavalda di chi ha davanti una vita e si ripromette di trarre da questa nuove esperienze ed opere.
Così il romanzo è rimasto tale e quale era nato e oggi si pubblica: frutto dolorosamente di un grande talento"

Così aveva risposto Parise alla richiesta dell'Editore:

"Le dichiaro che dopo matura riflessione e dopo maturo esame dei Suoi consigli e delle Sue esortazioni (consigli ed esortazioni delle quali ho cercato di tener conto e di cui gliene sono grato), sono rimasto fermo nella mia determinazione di veder pubblicato il mio lavoro senza ulteriore modifica e quindi anche con le sue acerbità e storture, inevitabili del resto per chi come me s'accinge per la prima volta ad entrare nel campo letterario.
Una tale mia determinazione è giustificata, a mio modesto avviso, dalla circostanza che le modifiche da Lei prospettatemi verrebbero a toccare il libro proprio nella sua sostanza; significherebbero quindi per me un abbandono o quanto meno una deviazione dal carattere che m'ero proposto di dare al libro stesso.
Deve capire quindi che non una cieca superbia mi spinge a mantenere inalterata la mia opera e neanche una cieca ostinazione, ma soltanto l'amore verso il mio libro così come l'ho ideato e riprodotto, perché solo così come è attualmente mi pare e lo sento quale parte dime stesso..."5

Con la stessa tecnica narrativa nasce nel '53 La grande vacanza, rievocazione di uno squarcio d'infanzia fatta dal borghese Claudio.
Il libro viene accolto da autorevoli consensi. 
Eugenio Montale, sul Corriere del 14 novembre, si dichiara

"...affascinato dall'abilità di Parise e dal suo calarsi nell'infanzia senza modi nostalgici e crepuscolari".

Nel 1968 Carlo Bo definirà La grande vacanza "un libro di autentica poesia".

Una felice rievocazione del Parise di quegli anni, raccontata con la freschezza di uno schizzo pittorico, è quella di Giosetta Fioroni, negli appunti scritti su Goffredo in anni successivi alla sua morte:

Ho incontrato ieri qui a Roma Raoul Rossetti, un amico d'infanzia, di gioventù di Goffredo. E' probabilmente lui il Raoul del Ragazzo morto e le comete. E' con lui che inventò in qualche modo il nome di Squerloz.
Rossetti viveva a Vicenza e aveva una barca sul Rio Retrone. Goffredo si presentò elegantissimo, sedicenne, in giacca, panciotto e papillon nero, e chiese di fare un giro in barca. Insieme svilupparono l'idea dell'Imbarcadero, di affittare le barche sul Rio per giri e giretti più o meno avventurosi o romantici. Tutto si compose poi nel Ragazzo morto.
Si rividero a Milano negli anni '50, circa '53, '56. Goffredo viveva in una camera mobiliata e la sera andava dalla madre di Raoul a mangiare il baccalà, poi in giro per scorribande notturne. Racconta Raoul Rossetti che Goffredo, come un ragazzino, si avvicinava alle prostitute nella strada e rapidissimamente gli faceva qualche dispetto e poi fuggiva, ridacchiando e dicendo in veneto "ciàpame, ciàpame", acchiappami!
 
Audio Parte 2
 


1 - da "Il Sillabario degli scrittori italiani: Goffredo Parise racconta la sua vita", in Novella, 13 febbraio 1966
2 - da Gente, 4 dicembre 1972 in "Sto cercando di capire cosa vuol dire felicità"  intervista a E. Fabiani
3 - A.Zanzotto, dall'Introduzione alle Opere, in Meridiani Mondadori, 1987-1989
4 - dal Giornale di Vicenza, 1986
5 - Da una lettera di Parise all'editore, Vicenza 13 ottobre 1950