Salgareda (Inglese)
Salgareda, a small village near the river Piave, represents for Parise the return, the landing in a long-sought home, the place where...:
"...respirare il senso del tempo.... E così, ma senza troppe scosse, diventare vecchi e morire in una giornata di vento".1
In the summer of 1970 the writer is guest of friends in Ponte di Piave, a small town in the province of Treviso.
He had wished to move in the area for some time.
In the letter of 1964, sent from Rome to the friend Gianna Polizzi, he wrote:
"...Ho pensato seriamente che, appena concluse le mie faccende,
vorrei vendere e comprare casa e campi a Ponte e, con l'aiuto di Guido,
fare il coltivatore diretto"
With Guido Carretta, husband of Gianna, he often goes riding along the river Piave, and during one of those walks he discovers the house in Salgareda:
"L’atmosfera....era strana e felice:un piccolo Eden profumato di
sambuco, dove il vento leggero e già fresco volteggiava insieme ai molti
uccelli..."2
This is the story Parise tells regarding the discovery and acquisition of the house:
"Avevo un amico, Guido Carretta, agricoltore, a Ponte di Piave, che conoscevo da una decina d'anni. Spesso andavo a trovarlo.
Un giorno si decise di fare una passeggiata a cavallo sul Piave.
Traversammo un vasto pioppeto, ora scomparso, ed entrammo in una
radura abbandonata dal 1966, anno dell'ultima grande alluvione, con un
rudere, stalla o casetta che fosse, immersa nella vegetazione.
C'erano molti alberi di gelso e strani frutteti selvatici colmi di
frutta, vini clinton, fagiani sopravissuti alla caccia che saltavano da
sotto gli zoccoli dei cavalli cocoritando e innalzandosi verso campi di
granoturco poco lontani.
C'era un ponticello su un rigagnolo e poi una vasta, selvaggia
vegetazione simile a quella tropicale, fino all'acqua del Piave, azzurra
limpidissima e gelida.
Si guadava il Piave e ancora tra ghiaia abbacinante si risaliva su altre piccole isole popolate di fagiani, di stame, di merli.
Grandi fiori gialli e prati parevano nascosti dalla civiltà e più di
una volta si aveva la sensazione di un luogo disabitato e sconosciuto,
una specie di Eden a forma di labirinto, con suoni e rumori "classici"
dell'Eden: pigolìi, frusciare tiepido di vento, acque immacolate,
muschio, animali, frutta, erbe profumate.
Il luogo mi incantò.
Tornai il giorno dopo da solo e ascoltai gli uccelli e i loro rumori.
Dissi a Guido "Se lo vendessero per (dissi una cifra irrisoria) lo comprerei subito"
Poi partii per Roma e non ci pensai più.
In sogno il luogo riapparve, come qualcosa che mi stava sotto, cioè
nell'inconscio, per avere, come è stato dimostrato, molta parte nella
mia vita. E con il luogo nel sogno, nell'inconscio della parte conscia
invece apparve Guido con una telefonata a sorpresa; aveva ritrovato il
padrone, un vecchio che stava all'ospizio, avrebbe venduto per quella
cifra irrisoria, il contratto era pronto, bastava andare dal notaio a
Oderzo.
Ebbi un attimo, solo un attimo di esitazione.
"Perché? mi dissi perché? a che mi serve se non a contemplare? E poi
non è reale, è un luogo fuori dalla realtà, è l'inutile regìa di creare
un ambiente ma non un luogo".
Tuttavia presi l'aereo, firmai il contratto, diventai proprietario e,
tramite il geometra Bonora di Salgareda, trovai un'impresa per mettere
un po' a posto quel fienile, quella casetta.
L'impresa, guarda caso, era di Noventa di Piave, Dal Ben, un ottimo
Dal Ben che ricostruì, ampliò e fece tutto quello che volevo nel giro di
tre mesi.
A Natale, con gli intonaci e i colori ancora umidi, vi dormii la prima volta.
Da quel momento, Natale 1970, abitai a vari intervalli, ma quasi ininterrottamente, la casa e il luogo fatati...3
Parise spends in Salgareda twelve years, in a sort of peaceful shelter. It is the need for landing, of home and family and, above all, need of return to his Veneto, after many years:
Il Veneto è la mia Patria.
Do' alla parola Patria lo stesso significato che si dava durante la
prima guerra mondiale all'Italia: ma l'Italia non è la mia Patria e sono
profondamente convinto che la parola e il sentimento di Patria è
rappresentato fisicamente dalla terra, dalla regione dove uno è nato.
Sebbene esista una Repubblica Italiana (?) questa espressione
astratta non è la mia Patria e non lo è per nessuno degli italiani che
sono invece veneti, toscani, liguri e via dicendo. L'Unità d'Italia non
c'è mai stata nonostante la «Patria» del Risorgimento, della prima
guerra mondiale, della seconda e della costituzione repubblicana in cui
viviamo.4
To who asks him how he spends this time so different from the previous lively life he answers:
"Ora lavoro poco. Lo sci mi occupa molto tempo, quattro cinque mesi,
l'autunno c'è la caccia; rimane l'estate, ma vado a Capri... Insomma mi
rimane pochissimo tempo per scrivere, molto tempo per vivere, che però è
sempre pochissimo perché la vita è brevissima"5
In 1975, thinking about how much time of his life was spent elsewhere and, especially, doing journeys between wars and revolution, he writes with particular tiredness:
"I viaggi e soprattutto le guerre invecchiano. Oggi rimpiango e
invidio chi è rimasto a casa, a fare o a scrivere di politica: tutti
costoro sono molto più giovani di me"6
In a diary of these years he registers his feelings and talks about the novel of a family of the which he would like to write about:
"...mi piacerebbe però scrivere il romanzo di una famiglia di questi
anni. Che potrebbe cominciare così: "La maggior fortuna per un uomo è
avere figli, famiglia..." e inventarlo tutto.
Il romanzo potrebbe intitolarsi: "Una famiglia italiana" o press'a
poco. Il contenuto è questo. I Tommaseo, Guido, il Piave, Roma, la
politica, i soldi.
Così è un uomo con la sua famiglia?
Fortunato è l'uomo che ha non più di una piccola casa, con un prato
di fronte, alcuni alberi, un fiume e una famiglia dentro la casa.
Fortunato è l'uomo che ha una casa povera, una famiglia, un prato
davanti alla casa e (un corso) d'acqua a cui pensare ogni tanto, durante
la notte.
Fortunato è l'uomo che ha una casa povera e dei figli, un prato
davanti alla casa, alcuni alberi e un corso d'acqua a cui pensare ogni
tanto, durante la notte."7
The novel was not written but a sort of big Parise family was met in Ponte di Piave and Salgareda where he is adopted by the whole community, from old and new friends, in a choral meeting which survives intact, twenty years after his disappearence, in the memories and stories of the population.
It is here that he meets Omaira Rorato, a young woman of Ponte di Piave with the which he creates a sentimental relationship, here he is associated with the Tommaseo, Carretta, Rorato, families which welcome him with spontaniety and affection which is reserved for the friends who comes back from far away.
Parise feels this warmth, he who wrote in the "Sillabari":
"...Non hai nessuno che cammina per casa, gli anni passano, diventerai un vecchio e di te non resterà nulla..." 8
The "family", as a consequence, becomes a legendary mythe and the married couple in "Sillabari" embodies the absolute essence:
"...L'uomo guardò bene i due sposi amici che ridevano, si rese conto
di quanto fosse bella quella risposta e pensò "Sono tutti e due calmi,
allegri e con la forza di coloro che vivono in armonia con tutte le cose
senza saperlo. Come i due usignoli che mi svegliano al mattino"9
Above all, here, Parise finds what he called "expressive innocence" and wrote the masterpiece of his maturity, "I Sillabari".
In her notes of 1980 Giosetta Fioroni writes:
"Ricordo come Goffredo parlava di una specie di tonteria, di
innocenza, condizione necessaria per la capacità di esprimersi, di
essere artista.
Ossia uno stato di grazia non inquinato dall'eccessiva sapienza
letteraria, per lo scrittore, dall'abilità, dal virtuosismo, per un
pittore. E' una cosa difficile da mantenere con il passare degli anni;
mantenere un forte istinto per il suono delle parole o per le forme
senza sottoporre il fare al peso dell'estetismo, malattia senile
dell'artista.
Questo, in sintesi, ciò che Goffredo intendeva quando parlava di candore, cecità espressiva, innocenza".
Parise gets away from Salgareda for some journeys as journalist, skiing in Cortina and escapes to Venice, of the which, he says:
"è una città da non abitare ma da starle vicino"10
Venice is his city of election, the one of the which he feels a citizen among the Venetian towns, the place where, as Omaira Rorato said:"è
bello andare per perdersi":
"...Ho infinitamente amato (quasi come l'odore della neve nel vento)
l'odore dei pontili d'estate, che sta tra il forte salso, lo iodio e
quello della pelle al sole appena uscita dall'acqua...".11
He still returns often to Rome, forced by working relationships, even though by now, he is totally hostile towards that reality and writes to Omaira:
15 maggio 1976
Vuoi che ti parli di me: primo; ho nostalgia per il Piave, che
nasconde un altro tipo di nostalgia che non voglio e non posso
permettermi di avere: la nostalgia per qualche cosa che ricordo
vagamente ormai, cioè la mia terra, la patria delle mie prime emozioni.
In sedici anni che sono a Roma, emotivamente, poeticamente, ho ricevuto
ben poco. Direi niente. Questo mi dà una sensazione di vuoto, di
svuotamento (del sacco espressivo) e al tempo stesso una certa qual
impazienza che non so di che natura sia: è certamente espressiva, ma se
il sacco è o mi appare vuoto (ma non è) finisce che non lavoro. E non
lavorare, non scrivere, non esprimermi (se non attraverso forme
occasionali come il giornale) poeticamente mi dà come una nevrosi
motoria, la voglia di non stare mai fermo. In realtà riempio le giornate
qui, nel centro di Roma, con le finestre che guardano il corso
dell'Augustea, in pieno traffico (il centro massimo del traffico di
Roma) con lavoretti e leggendo o pensando. Penso che non è vero che il
mio sacco è vuoto, perché si è riempito di moltissime esperienze umane e
tecniche, e di "stile» letterario la cosa più difficile da raggiungere
ma che mi manca però l'impulso primo, quello che avevo quando non
possedevo lo stile. Insomma penso o spero di essere a una svolta della
mia vita. Quale non so e non mi è dato sapere, procedendo io come un
rabdomante, con il puro istinto, che non mi ha mai tradito. Aspetto.
Certe volte sono molto triste e malinconico, solo in questa specie di
elegantissima stanza d'albergo, altre volte sono allegro di essere solo
ma tutto si confonde e lascio che si confonda. Non so se mi sono
spiegato, anche perché è difficile spiegarlo; ma preferisco non farlo
con me stesso per lasciare spazio e molto tempo alle cose, che si
facciano da sé. Il mio tem-peramento essendo attivo, di solito agisco,
ma non agisco quando sento che le cose, la vita o un certo segmento di
vita, devono fare da soli senza il mio intervento.12
However Rome still fills him with charm when he manages to perceive in the road certain portraits, as he said, "alla De Pisis" and so the following day he writes:
Domenica 16 maggio 1976
Ti ho detto ieri che questa città mi è estranea. Non per questo non è
bella, e rappresenta più di ogni altra città l'Italia, nel suo
complesso interiore ed esterno. Ora, in questo momento stanno suonando
bellissime campane sotto il sole e ieri ho assistito a un quadretto
italiano tipico proprio sotto casa, quasi all'imbocco di piazza di
Spagna. Ad un angolo, dove c'è un bel mercato di frutta e verdura tra
vecchie case in un vicolo di artigiani c'era un cieco che suonava la
fisarmonica elettrica. Aveva avuto il permesso di infilare la spina
dentro un negozio di materiale elettrico (la scena si svolge in via
della Croce, luogo e nome sono importanti) e suonava. Attacca con "Di
quell'amore...". E' pallidissimo, cereo, come sono spesso i ciechi e con
le occhiaie vuote di occhi coperti dalle palpebre chiuse. Dietro di
lui, a un metro, lo guardano molto interessati e quasi stupiti della
loro bella età due marinaretti, uno biondo e uno bruno, col berretto
gettato indietro, e con volti che più italiani di così non avrebbero
potuto essere Diciotto, diciannove anni. C'è il sole e buona aria.
Dietro i marinaretti il verde e i colori del mercato e il viavai delle
donne e di qualche straniero. Dalla panetteria di fronte esce odore di
pane fresco, e le note della fisarmonica e della "canzone" di Verdi si
spargono su tutta la strada e la riempiono. Di tanto in tanto, passanti
ammirati del tutto (di tutto il quadro e di quella musica) si staccano
dal flusso pedonale (non ci sono macchine in queste zona) e portano una
lauta elemosina, da cinquecento a mille lire, accanto al cieco. Su
tutto, sopra l'angolo, un vecchio capitello papalino con una Madonnina e
una lampada, sopra questo il cielo d'Italia.
Mi fanno schifo e noia quelli che continuamente parlano male
dell'Italia, cretini, che girino pure il mondo e un quadretto così, un
De Pisis purissimo non lo troveranno in nessun luogo.13
Nowadays, however, Salgareda is the true and only centre of Parise's life.
In 1982 he writes on the Corriere della Sera his famous piece on "his" Veneto:
"Ma il centro vero e solo unico della mia patria lo dirò ora: è una
casetta, una specie di casa delle fate, minuscola e vecchia, con tutto
vecchio dentro ma efficiente e caldo a cominciare dal focolare, che sta
proprio sui bordi del Piave e spesso ne viene sommersa.
A mezzo metro da una finestrella che ho fatto aprire verso nord per
guardare le montagne e la neve, ìn maggio arriva l'upupa a trafficare
per il suo nido, rizzando la sua crestina vanitosa e giustamente "ilare"
come dice il poeta.
A pochi metri, su un altro salice picchia il picchio, con quel
movimento del becco come la piccozza del minatore o dello scalatore di
vette.
Le rane cantano dentro piccoli stagni e ruscelli che si gettano nel
Piave, le lepri, all'alba giocano all'amore in coppia, in piedi, una
rivolta verso l'altra come danzando, un alveare naturale si è formato
tra i due vetri di una finestrella e da un giorno all'altro, un grosso
gufo è sceso dal camino in una frana di fuliggine odorosa, le lucciole
girano e il sapore del mare, quando è scirocco, giunge ad avvertire che
la partenza, se voglio, può essere imminente oppure no, a seconda
dell'estro.
La mia patria è Ponte di Piave, un paesetto vicino un chilometro, con
una fontana dì acqua ferruginosa, ma sto qui, abito a Roma, all'estero.
Perchè? Perchè così è la vita."14
Salgareda is the place where "I Sillabari" is born which, as Parise states:
Sono un programma stilistico ed è il sonoro interno, prodotto da
luoghi come la casetta sul Piave o Cortina, che produce quel tipo di
stile 15
In 1972, in fact, he appears on the Corriera della Sera, at the time directed by Spadolini, the novel "Amore".
It is the first story of "Sillabario n°1".
In 1982 "Sillabario n°2" will come out.
Parise commits to discover the rights of the heart, laying bare emotions in their simplicity, recognizing the ambiguous and chaotic flow of experience through short stories in alphabetical order: Amore (love), Allegria (cheerfulness), Anima (soul), Bambino (child),Carezza (caress)....
"Sentivo una grande necessità di parole semplici. Un giorno, nella
piazza sotto casa, su una panchina, vedo un bambino con un sillabario.
Sbircio e leggo:l’erba è verde.
Mi parve una frase molto bella e poetica nella sua semplicità ma
anche nella sua logica. C’era la vita in quel "l’erba è verde",
l’essenzialità della vita e anche della poesia...
Gli uomini d’oggi secondo me hanno più bisogno di sentimenti che di ideologie.
Ecco la ragione intima del sillabario"16
The letters of the "Sillabario" stop, in 1982, at the letter S of Solitude.
Parise would like to write the letter Z, writing about the emotion zero, of the nullity of things, of their inconsistence, but in the end, he gives up:
"Alla lettera S, nonostante i programmi, la poesia mi ha abbandonato.
E a questa lettera ho dovuto fermarmi. La poesia va e viene, vive e
muore, quando vuole lei, non quando vogliamo noi, e non ha discendenti.
Mi dispiace, ma è così.
Un poco come la vita, soprattutto come l’amore".17
1 - da una lettera a Neri Pozza, luglio 1978
2 - da "Veneto barbaro di muschi e nebbie" in Corriere della Sera, 1 luglio 1983
3 - G.Parise, Prefazione inAA.VV., Una terra ricca di memorie, Noventa di Piave, (VE), 1980
4 - Da G. Parise, "Il mio Veneto"
5 - dichiarazione rilasciata a Valerio Riva nel video "L'ultimo" realizzato dalla TV svizzera
6 - dall'Avvertenza a "Guerre politiche", 1976
7 - dal "Diario" parzialmente inedito del 1976
8 - in Famiglia di G. Parise, "Sillabari", 1982
9 - ibid.
10 - da Testimonianze, Omaira Rorato, in www.goffredoparise.it
11 - da “ Il mio Veneto” in Corriere della Sera, 7 febbraio 1982
12 - dall’Epistolario (lettera inedita)
13 - ibid.
14 - da “ Il mio Veneto” in Corriere della Sera, 7 febbraio 1982
15 - da video TV svizzera, cit.
16 - da Il Gazzettino, 31 ottobre 1972, in F. Sala, “Il Sillabario dei sentimenti”
17 - da Avvertenza a "Sillabari", gennaio 1982